Le demenze

Feb 12, 2020 | Approfondimenti | 2 commenti

La demenza senile sta diventando un problema socio-sanitario di primaria importanza a livello mondiale: considerando il generale aumento della vita media e il fatto che l’età avanzata costituisce uno dei principali fattori di rischio, è facile comprendere come i nuovi casi di demenza sono destinati ad aumentare anno dopo anno. Si stima che circa tra il 4 e il 7% della popolazione mondiale sopra i 65 anni abbia la demenza, mentre se si prendono in considerazione le persone con più di 80 anni si arriva fino al 20% e oltre. L’assistenza al malato di demenza è un compito assai complesso e coinvolge prima di tutto i familiari; un primo passo che il professionista sanitario potrebbe fare a supporto di questi ultimi è quello di una corretta informazione volta a facilitare la compresione dei vari aspetti che caratterizzano questa insidiosa condizione. Tenendo bene a mente le limitazioni del caso (un blog divulgativo non potrà mai sostituire un programma di formazione e training effettuato da un professionista) è questo lo scopo di questa serie di articoli sulla demenza; in questo primo articolo parlerò innanzitutto di che cos’è la demenza senile, quali sono le forme più diffuse e l’importanza di un’accurata diagnosi.

La demenza senile è una sindrome caratterizzata dal progressivo deterioramento di tutte le capacità mentali: la persona affetta da demenza non è più in grado di compiere una serie di operazioni mentali fondamentali per la sua autonomia come apprendere nuove informazioni o ricordare eventi recenti, orientarsi, programmare azioni, ricordare appuntamenti, eseguire compiti complessi, riconoscere persone o oggetti. Il quadro sintomatico è ingravescente (peggiora con il passare del tempo) e nella gran maggioranza dei casi irreversibile. Spesso i sintomi non si limitano alla sfera cognitiva (cioè alle capacità mentali) ma coinvolgono anche il comportamento e la personalità; a tal proposito non è inusuale che i familiari si riferiscano al malato dicendo frasi come: “non è più lui”. In quanto sindrome, la demenza può avere diversa eziologia (ovvero diverse cause patologiche) e infatti una tra le possibili classificazioni è quella in base alla causa: demenze primarie e demenze secondarie.

Si parla di demenze primarie o degenerative quando è in atto un processo neurodegenerativo (cioè che danneggia progressivamente il tessuto cerebrale) il quale causa direttamente la demenza. Si dicono invece demenze secondarie quelle che originano da un processo patologico che non comporta necessariamente l’insorgere di una demenza; essa rappresenta una delle sue possibili manifestazioni cliniche.

Un esempio di demenza primaria è la malattia di Alzheimer, che è anche la forma di demenza più diffusa: si stima che tra casi di demenza il 54% circa sia di tipo Alzheimer. Alcuni tra i primi sintomi dell’Alzheimer sono: una progressiva incapacità a ricordare eventi recenti, disorientamento spazio-temporale, difficoltà nell’esecuzione di compiti complessi che si padroneggiavano prima della malattia (come guidare un’auto) ed alcuni disturbi del linguaggio. Altre demenze primarie sono la demenza con corpi di Lewy e un gruppo di demenze denominate fronto-temporali; pur manifestandosi in modo simile, si distinguono dall’Alzheimer per un diverso ordine di insorgenza di alcuni sintomi e segni (i sintomi caratteristici sono disturbi dell’attenzione, allucinazioni visive e parkinsonismi nella prima, disturbi comportamentali-quali eccessiva trascuratezza, irritabilità, impulsività, distraibilità, disinibizione-nelle seconde).

La demenza secondaria più diffusa è la demenza vascolare (circa il 16% dei casi di demenza), causata da una serie di accidenti cerebrovascolari che di volta in volta danneggiano progressivamente diverse aree del cervello; è secondaria perché la patologia che ne sta alla base coinvolge il sistema circolatorio e potrebbe avere conseguenze anche su altre aree dell’organismo (come ad esempio l’aterosclerosi). I sintomi iniziali dipendono dalle specifiche aree cerebrali colpite ma ciò che più la distingue dall’Alzheimer sono l’esordio brusco e l’andamento a “gradini” della perdita cognitiva rispetto all’andamento progressivo e più “regolare” tipico delle demenze primarie. Raramente la demenza può essere dovuta a svariati altri disturbi e problematiche, come carenze nutrizionali (in particolare la carenza di vitamina b12 e folati), abuso di alcool e di sostanze stupefacenti, ripetuti traumi cranici, neoplasie o altre patologie del sistema nervoso centrale. Queste demenze in genere non sono progressive (ovvero i sintomi rimangono più stazionari nel tempo) e in alcuni rari casi (come nelle carenze nutrizionali) possono essere reversibili.

Per finire, occorre specificare che la diagnosi di demenza senile è di tipo probabilistico; essa si basa sui sintomi e si effettua mediante l’utilizzo di specifici test neuropsicologici ed un’approfondita analisi clinico-anamnestica supportati da esami laboratorio ed esami strumentali (i quali permettono di escludere cause reversibili e di individuare segni utili a distinguere una forma di demenza dall’altra). Una diagnosi accurata e precoce è importante per pianificare nel modo più efficace possibile l’assistenza del malato. Intervenire il prima possibile aumenta infatti le speranze di rallentare la progressione della malattia e di migliorare la qualità della vita del paziente e di chi gli sta accanto.

Bibliografia

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– A. Lobo; L.J. Launer; L. Fratiglioni; K. Andersen et al. (2000). Prevalence of dementia and major subtypes in Europe: A collaborative study of population-based cohorts. Neurology, Volume 54(11) Supplement 5, pp S4-S9.

– S. Sestini; A. Bavazzano; C. Logi; U. Bonuccelli (2008). Demenza con corpi di Lewy. Giornale di gerontologia; 56:191-204.

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– S. Weintraub, A. H. Wicklund, D. P. Salmon (2012). The Neuropsychological Profile of Alzheimer Disease. Cold Spring Harb Perspect Med; 2:a006171.

https://www.alz.co.uk/research/WorldAlzheimerReport2016.pdf

https://www.alz.co.uk/research/WorldAlzheimerReport2015.pdf

2 Commenti

  1. Laura

    Grazie Dottore, articolo molto interessante.
    Al giorno d’oggi passiamo moltissimo tempo a contatto con device tecnologici come lo smartphone, mi chiedo se siano in corso di studio eventuali correlazioni con l’uso delle nuove tecnologie, o parte di queste, e lo sviluppo delle demenze? È uno scenario improbabile o una qualche correlazione possiamo sospettare di averla?
    Grazie

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    • Luca Cionfoli

      Gentile Laura, grazie a lei per l’interesse.
      Le domande che pone sono molto interessanti e richiederebbero un po’ più di spazio, provo a risponderle brevemente:

      -Sono stati fatti alcuni studi sugli effetti cognitivi derivanti dall’utilizzo eccessivo degli smartphone (a mio avviso rimane poco chiaro cosa si intenda per “eccessivo”; alcuni studiosi parlano genericamente di dipendenza) e pare che possa causare effetti a breve termine in particolare sulle capacità attentive (banalmente, la presenza del proprio smartphone ad esempio al lavoro è distraente e potrebbe influenzare negativamente la nostra performance) e talvolta ansia (se si viene separati da esso).

      -Ciò che ho appena scritto non dice però assolutamente nulla su eventuali effetti a lungo termine e infatti che io sappia non esistono studi a riguardo. Inoltre è una cosa molto difficile da verificare: innanzitutto richiederebbe studi molto lunghi e quindi costosi; inoltre le nuove tecnologie sono per l’appunto nuove, in giro da troppo poco tempo per poterne valutare l’impatto sulla salute mentale, specialmente se ci si interroga su un eventuale legame con lo sviluppo di patologie gravi come le demenze; in ogni caso credo che la cautela sia d’obbligo e che molto dipenda da come queste tecnologie vengono usate. Per fare un esempio: gli smartphone potrebbero essere visti al contrario come una risorsa importante, come supporto al trattamento delle demenze, magari con applicazioni appositamente create per supportare i care givers nella gestione del malato a casa (qualcosa in questo senso è già stato fatto).

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