La riabilitazione cognitiva per le demenze

Mar 2, 2020 | Approfondimenti | 0 commenti

Quando si parla di riabilitazione in ambito demenze si incontrano non poche difficoltà: quasi tutte le forme di demenza infatti, tra cui l’Alzheimer e la demenza con corpi di Lewy, hanno come principale caratteristica quella di aggravarsi col tempo e fino ad oggi non si è ancora trovato un modo per arrestarne il decorso. Nonostante ciò, sono decenni che si cercano nuove terapie e nell’ambito della riabilitazione cognitiva esistono diversi approcci che si possono attuare con il paziente demente, i quali, va detto fin da subito, si pongono come obiettivo principale quello di rallentare l’aggravamento e di limitare la perdita di attività che il paziente svolge quotidianamente. Gli approcci riabilitativi di stampo cognitivo fanno parte delle cosiddette terapie non farmacologiche e tra i più utilizzati negli ultimi anni vi sono la stimolazione cognitiva e il training cognitivo.

La stimolazione cognitiva comprende tutti quegli interventi volti al riorientamento del paziente nello spazio e nel tempo, alla stimolazione dei ricordi e alla rimotivazione. Mediante l’utilizzo di appositi protocolli più o meno rigidi (applicabili in diverse condizioni) che prevedono stimolazioni ripetute di diversa natura (visive, verbali e musicali) si cerca di fornire al paziente delle coordinate che lo orientino spazialmente e temporalmente. La stimolazione di ricordi passati emotivamente piacevoli (terapia della reminiscenza) e la rivitalizzazione dell’interesse per tematiche d’attualità (terapia della rimotivazione) sono altri due interventi che spesso accompagnano il riorientamento. Tutti questi interventi sono accomunati dal fatto di essere aspecifici, cioè di stimolare in generale tutto il sistema cognitivo-emotivo del paziente, e dalla modalità d’esecuzione, che deve essere sì ripetitiva ma non frustrante.

Per training cognitivo si intende invece l’esercizio mirato e ripetuto delle diverse funzioni cognitive come memoria, linguaggio, attenzione, ragionamento. I programmi disponibili sono molti e diversificati, in genere prevedono esercizi che possono essere eseguiti in modo standardizzato o attraverso l’utilizzo di specifiche tecniche di riabilitazione cognitiva. Lo scopo del training cognitivo è quello di mantenere attive quelle abilità mentali non ancora o solo parzialmente compromesse dal processo patologico basandosi sull’assunto che la ripetizione di un compito mentale possa mantenere o aumentare la prestazione in quello specifico compito.

Gli approcci nell’ambito della riabilitazione cognitiva delle demenze descritti finora hanno lo scopo comune di rallentare il decorso ingravescente delle demenze; purtroppo ad oggi non esiste una terapia definitiva per la demenza (ovvero in grado di arrestarla del tutto). Nonostante ciò, la ricerca scientifica ha raccolto dati promettenti riguardo l’efficacia della riabilitazione cognitiva applicata alle demenze, registrando probabili effetti positivi non solo in termini di prestazioni cognitive ma anche sul benessere psicologico dei pazienti e delle persone che se ne prendono cura, specialmente quando questi approcci vengono utilizzati in sinergia tra di loro e con terapie farmacologiche. In altre parole, la riabilitazione cognitiva applicata alle demenze può avere effetti positivi sulla qualità della vita del malato e dei care-givers, con probabili ripercussioni positive sulla gestione del paziente a casa: un intervento mirato e precoce potrebbe ritardare la necessità di avvalersi di servizi sanitari più complessi e dispendiosi come l’istituzionalizzazione del malato.

Per concludere, aggiungo queste considerazioni: la stimolazione e il training cognitivo sono solo alcuni degli strumenti di cui dispone il riabilitatore e la cognizione e la qualità della vita sono solo alcuni degli aspetti della demenza su cui è possibile intervenire. Vorrei infatti sottolineare che malattie complesse sul piano personale e sociale come l’Alzheimer e le altre demenze necessitano di interventi altrettanto complessi che coinvolgono quindi non una ma più professionalità (per citarne alcune: medico di base, neurologo, psichiatra, geriatra, psicologo, operatori sanitari, infermieri) che agiscono in modo specifico su uno o più aspetti legati a questa malattia.      

Bibliografia:

-Cotelli, M. Miniussi, C. Zanetti, O. (2012). “Riabilitazione cognitiva nella malattia di Alzheimer”. In A. Mazzucchi (a cura di). La riabilitazione neuropsicologica. (pp. 343-358) EDRA MASSON.

-Bahar-Fuchs, A. Clare, L. Woods, B. (2013). “Cognitive training and cognitive rehabilitation for mild to moderate Alzheimer’s disease and vascular dementia”. Cochrane Database of Systematic Reviews, Issue 6. Art. No.: CD003260. DOI: 10.1002/14651858.CD003260.pub2.

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-Jean, L. Simard, M. Wiederkehr, S. Bergeron, M. Turgeon, Y. Hudon, C et al. (2010). “Efficacy of a cognitive training programme for mild cognitive impairment: Results of a randomised controlled study”. Neuropsychological rehabilitation, 20 (3), 377-405.

– Onor, M. L. Trevisiol, M. Negro, C. Signorini, A. Saina, M. Aguglia, E. (2007). “Impact of a Multimodal Rehabilitative Intervention on Demented Patients and Their Caregivers”. American Journal of Alzheimer’s Disease & Other Dementias, 22(4), 261-272.

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